Qualsiasi cosa accada. Fabrizio Bernini by Filippo Boni

Qualsiasi cosa accada. Fabrizio Bernini by Filippo Boni

autore:Filippo Boni [Boni, Filippo]
La lingua: ita
Format: epub
editore: ASKA
pubblicato: 2023-12-29T23:00:00+00:00


XII

L’abisso

Il motorino è sul cavalletto. Il motore è caldo, quasi incandescente. Sono seduto per terra, tra le vigne e gli olivi dei terrazzamenti che circondano Mercatale Valdarno, il mio paese. Il viaggio di ritorno da Rimini è stato lungo e stancante, ma non potevo non andarci. Non potevo non ritrovare il luogo in cui seppellii il mio dentino ed in cui insieme a lui seppellii per sempre il sorriso di mio padre. Forse il suo ultimo, vero sorriso che mi regalò durante l’infanzia.

Sono arrivato fuori dal cancello del camposanto, i miei genitori riposano qui. Dietro due cipressi e un guardiano solitario che con la sua scopa di saggina graffia il pavimento e i miei pensieri, s’intravedono i sepolcri, le croci più grandi, le lapidi con gli epitaffi dei morti di tanti anni fa, le pietre sconnesse, le margherite che spuntano tra i sassolini, i fiori di plastica dei defunti dimenticati, quelli freschi dei morti di ieri e i volti sbiaditi di tanta gente del paese che ho conosciuto nel tempo e con cui ho attraversato un pezzo di vita. Non c’è anima viva, ma in realtà c’è tutto il paese di quand’ero bambino che riposa qui, vicino a me.

C’è il postino, il suo sguardo indimenticabile; poi il panettiere, il matto, il dottore.

Più in là, in un vialetto di fianco, c’è il prete, c’è il saggio, il macellaio, il fattore, c’è la perpetua che sotto una pianta, lieta, ad un’ombra lieve, sembra ascoltare.

Il silenzio di un cimitero non assomiglia a nessun altro silenzio.

Perché il silenzio di un cimitero in realtà è pieno di voci di chi non ha più voce, è un coro di persone che si sono ritrovate, che nude e vicine riposano insieme per sempre. Non esistono più logiche né distinzioni. Non esistono più differenze, non esistono più classi. Tutti allo stesso livello, in pace.

Chi è stato felice, chi invece ha sofferto.

Cammino tra loro, con le mani li sfioro, leggo in rassegna i loro nomi, ricordo i loro modi di dire che per decenni hanno colorato la mia vita plasmandone il senso.

Poi eccole, le tombe dei miei.

A volte, ancora oggi, immaginare che non sentirò più le loro voci, mi fa ripudiare la voglia di parlare. Forse è una forma di lutto che non ho mai rielaborato.

Mia madre è scomparsa nel 2013, è la quinta tomba della seconda fila entrando nel camposanto a sinistra. Il sepolcro è in pietra.

Mio padre invece è lassù, l’ultimo in alto sull’angolo sinistro del lato che guarda il torrione del paese, riposa in una piccola urna. Se n’è andato ormai troppo tempo fa, forse era ancora giovane, anche se per questa parola non esiste un vero e proprio senso, era il 1990, io ero un imprenditore con tanti sogni in tasca e poco più; lui non ha visto molto di ciò che sarebbe nato negli anni a seguire.

C’è una vecchia foto, tra le più importanti della mia vita, che amo con tutto me stesso. C’è mio babbo di fronte alla casa in cui sono venuto al mondo, qui a La Torre, in cui abbraccia mia figlia Chiara, nata da appena due anni.



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